mercoledì 25 agosto 2010

Skipping class


Erano da poco passate le sette del mattino e il sole primaverile cominciava già ad illuminare ogni cosa.
Noah era già in cucina intento a preparare la colazione dopo aver svegliato la giovane Artemis, che come al solito si dilungava nei preparativi.
In realtà quella mattina la ragazza sembrava ancora più lenta del solito per via di alcune difficili decisioni tattiche, avrebbe dovuto fare tutto quanto con estrema naturalezza per non insospettire Noah, ma data la tensione e la paura di essere scoperta la missione si rivelava davvero molto complicata.
Era ormai da una settimana che progettava questa giornata con la sua migliore amica Susan: Quel giorno niente scuola, ma un bel giro al centro commerciale e poi al parco finché non fosse stata ora di rientrare all’orario giusto per non insospettire nessuno.
Quindi non avrebbe dovuto fare altro che comportarsi come sempre finché fosse stata con Noah.
‘Ce la posso fare!’ si disse mentalmente e si avviò verso la cucina, da dove proveniva il solito profumo familiare di caffè.

“Ben alzata, piccola.” fu il saluto di Noah mentre lei gli stampava un rumoroso bacio sulla guancia.
“Scusa se ci ho messo molto, ma ieri sera sono rimasta sveglia fino a tardi per finire la ricerca che dovrò consegnare tra qualche giorno ed è stato proprio difficile svegliarsi.”
“Se magari non passassi il pomeriggio davanti alla tv, la sera potresti andare a letto prima.” la rimproverò dolcemente lui.

Artemis rispose tirando fuori la lingua in modo scherzoso e Noah sorrise.

“Sbrigati a fare colazione ora, o farai tardi a scuola.”
“Va bene.”

Affogò i suoi pensieri nella tazza di caffelatte, pensando che doveva solo stare tranquilla e che tutto sarebbe andato per il verso giusto.
L’ansia e la paura di essere scoperta erano molto forti, tanto che il suo stomaco parve chiudersi e Artemis fece fatica a terminare la colazione, ma Noah parve comunque non accorgersi di nulla e come ogni mattina la salutò con un bacio sulla fronte prima di uscire per andare a lavorare.

“Mi raccomando signorina, non fare tardi che sennò perdi l’autobus.”
“Sì, tranquillo, tra poco esco anche io.” lo rassicurò lei sorridendo candidamente con innocenza.
“Ok, buona giornata. Ci vediamo più tardi.”
“Buona giornata, Noah. A più tardi.”

Scampato pericolo.
Ora che il peggio era passato si sentì molto più sollevata e la tensione si allentò abbastanza da farla rilassare.

QUALCHE ORA Più TARDI..
Artemis:
La mattinata stava procedendo a meraviglia, Artemis e Susan si stavano divertendo tantissimo.
Era stato strano prendere un autobus diverso dal solito per arrivare a destinazione, ma era la soluzione più sicura per non incrociare nessuno della scuola, specialmente i professori, che avrebbero potuto riconoscerle e metterle in guai seri.
Noah non gliel’avrebbe mai perdonata una cosa simile, saltare la scuola era una delle cose che più in assoluto lo facevano diventare furioso.
Al solo pensiero di essere scoperta Artemis sentì un brivido gelido percorrerle la schiena e istintivamente portò una mano a coprirsi il sedere, che non portava nessun segno nonostante la punizione di qualche giorno prima.
Si era beccata una sculacciata piuttosto severa per aver risposto male a Noah durante una discussione, non era servito scappare per tutta la casa implorando perdono, lui l’aveva sollevata di peso, se l’era caricata sulle ginocchia e dopo averle scoperto il culetto aveva provveduto a farglielo scottare per bene.
E quello sarebbe stato niente in confronto a quello che le sarebbe aspettato se fosse stata scoperta al centro commerciale invece che a scuola.
Cercò di allontanare quel pensiero, contando sul fatto che a quell’ora Noah era al lavoro e che nessuno le avrebbe scoperte..forse.
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Noah:Quella mattina non riusciva a concentrarsi del tutto sul proprio lavoro, c’era un pensiero che continuava a tormentarlo.
Artemis a colazione gli era parsa un po’ strana, come se fosse tesa, ma poteva benissimo essere colpa di qualche compito o interrogazione del quale lui non era stato avvisato.
O forse quel giorno avrebbero riconsegnato i compiti di latino e sapeva quanto la ragazza aspettasse di sapere il risultato di quel compito per il quale avevano studiato insieme per molte ore.
Sicuramente doveva essere per quello.
‘Mi sto preoccupando troppo’ si disse mentalmente, ma a Noah veniva naturale preoccuparsi per Artemis ogni volta che notava qualcosa di strano.
‘Probabilmente è sotto pressione per la scuola, si sta impegnando molto ultimamente. Quasi quasi come premio, questo week end la porto da qualche parte, così ci rilassiamo un po’ tutti e due.’
Era contento di questa idea, era sicuro di poter immaginare perfettamente l’espressione della ragazza appena le avrebbe dato la bella notizia e sorrise compiaciuto a quel pensiero.
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Artemis:
Il tempo volava tra un negozio e l’altro, Artemis aveva anche visto tante cose che avrebbe desiderato comprare, ma sapeva che farlo avrebbe significato farsi scoprire sicuramente, quindi prese nota mentalmente di tutti i negozi in cui aveva visto cose interessanti, pensando che ci avrebbe presto trascinato Noah per fare un po’ di shopping.
Dopo un lungo giro per il centro commerciale, le due ragazze decisero che era quasi ora di tornare, era l’una passata e meno di un’ora più tardi avrebbero dovuto prendere l’autobus per tornare a casa al solito orario.
Ma prima vollero fermarsi a bere qualcosa ad un bar.
Per quanto ne sapeva Artemis, erano molto vicini a dove lavorava Noah, però lui era sicuramente impegnato a lavorare e non avrebbe girato per strada rischiando di incontrarle.
Cercando di tenere a mente questo pensiero la ragazza cercò di non pensare a nulla di catastrofico.
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Noah:
Ormai era l’una passata e Noah aveva lavorato senza fermarsi un secondo.
Dopo l’idea della gita fuori porta con Artemis era riuscito a trovare la concentrazione necessaria per perdersi completamente in quello che doveva fare e il tempo era volato.
Controllò l’ora e il suo stomaco disse chiaramente che era ora della sua pausa pranzo, così raccolse le proprie cose e uscì dall’ufficio.
Di solito passava la pausa pranzo in una tavola calda non molto lontano dall’ufficio, ma quel giorno si sentiva allegro, in più era un bella giornata e non aveva voglia di prendere la macchina, camminare gli sembrò un’idea migliore.
Inoltre lì vicino c’era un piccolo bar che faceva anche panini, si sarebbe fermato lì a mangiare qualcosa e poi avrebbe fatto una passeggiata, magari si sarebbe fermato un po’ al parco a leggere il giornale prima di tornare in ufficio.
Fu con questi pensieri positivi che entrò nel bar, al cui interno erano presenti solo due ragazze sedute di fronte al bancone.
Gli davano le spalle, ma era sicuro che dovevano avere più o meno la stessa età di Artemis e mentre lo pensava notò qualcosa di strano: la ragazza con quei ricci scuri assomigliava davvero tanto a lei.
Quando la sentì ridere non ebbe più alcun dubbio.
Era lei, avrebbe riconosciuto la sua risata in mezzo a mille altre.
‘Riderà ancora per poco la signorina’ pensò con rabbia.
L’allegria di quella giornata era evaporata in poco meno di un secondo, lasciando spazio alla collera e all’impellente necessità di avere delle spiegazioni valide.
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“Prendete altro?” chiese ad alta voce mentre si avvicinava alle loro spalle.

Le ragazze si voltarono di scatto e Artemis vide di colpo realizzato il suo incubo del giorno.
Noah appariva molto serio ed estremamente arrabbiato.
Come dargli torto?
Fino a pochi minuti prima era al settimo cielo al pensiero di poter fare una sorpresa a quella che considerava come una figlia e poco dopo l’aveva scoperta a saltare la scuola come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Artemis sapeva che sarebbe successo, quella sensazione allo stomaco l’aveva avvertita tutta mattina di stare attenta, ma niente, ora il peggio che poteva succedere era capitato e lei non avrebbe potuto dire o fare niente per calmare l’ira di Noah.

“Noah..che ci fai qui?”

Domanda stupida ma fu la prima cosa più o meno sensata che il suo cervello riuscì a formulare dopo vari tentativi.

“Tu chiedi a me cosa ci faccio qui?” chiese lui incredulo “Io qui ci dovevo passare la mia pausa pranzo, ma non credo che mangerò tanto presto. Ora mi devi spiegare cosa ci fai TU qui.”

La ragazza abbassò lo sguardo.
Dieci minuti più tardi si trovavano entrambi nella macchina di Noah avvolti da un silenzio assordante e da una tensione palpabile.
Lei non osava aprire bocca, l’ordine era stato quello di non fiatare nemmeno e Noah aveva saltato il pranzo e in più aveva dovuto telefonare in ufficio e avvisare che nel pomeriggio avrebbe dovuto assentarsi per questioni familiari.
Guidava senza togliere lo sguardo dalla strada e stringendo il volante con tanta rabbia che se avesse potuto lo avrebbe sbriciolato.

“Noah..” azzardò Artemis.
“No. Ti ho detto di non parlare, a meno che non sia una questione di vita o di morte.” fu la risposta fredda di lui.
“Mi dispiace, io..”
“Certo ti dispiace sempre dopo che hai combinato qualcosa, mai una volta che ti dispiaccia prima.”
“Ma io..”
“Adesso non venire a cercare scuse e non provare nemmeno a dire che non volevi, perché rischi davvero di farmi incazzare ancora di più.”


Artemis non aggiunse altro, si rendeva conto che qualsiasi cosa avesse detto avrebbe solo peggiorato le cose e in quel momento non era proprio il caso visto quanto era arrabbiato Noah.
Il resto del viaggio quindi fu silenzioso e teso.

“Avanti, scendi.” furono le prime parole che udì giunti al parcheggio sotto casa.
“Noah..”
“No, vai in casa ora e aspettami senza ulteriori sorprese, per favore. Io ti raggiungo tra poco ma ho bisogno di un attimo per calmarmi, perché adesso come adesso non so cosa potrei fare.”

La ragazza non replicò ed entrò in casa.
Il tono freddo con cui Noah le aveva parlato la feriva profondamente, ma si rendeva conto che anche lui era stato ferito dal suo comportamento.
Lo aspettò per più di mezz’ora e, quando sentì la porta dell’ingresso aprirsi, gli corse incontro e lo abbracciò così forte da togliergli il respiro.

“Scusa Noah! Scusa. Lo so che non serve a molto, ma mi dispiace davvero, io non volevo deluderti. Ti prego perdonami.”
“Artie, piccola, il tuo comportamento mi ha molto deluso e non posso negarlo. Io davvero avevo pensato di poterti cominciare a trattare da persona adulta e poterti dare la massima fiducia, ma a quanto pare mi sbagliavo. Non solo il tuo comportamento oggi è stato infantile, ma mi hai anche mancato di rispetto pensando di potermi fare fesso come ti pare e piace e questo non lo posso tollerare, signorina.”
“Scusa..non lo rifarò mai più.”
“Mi pare il minimo, ma non mi basta la tua promessa.”

Le parole di Noah furono seguite da una singola e forte sculacciata sui jeans di Artemis, che strillò presa alla sprovvista e un po’ anche per il dolore.

“Ahi!”
“Risparmia il fiato per dopo. Non abbiamo ancora cominciato.” rispose abbassandole i jeans e afferrandola per un braccio.

Artemis venne trascinata fino al divano e ben presto si ritrovò sulle sue ginocchia.

“No! Ti prego.” implorò lei, pienamente cosciente di ciò che stava per accadere.
“È la giusta punizione per esserti comportata come una bambina irresponsabile.”

Accompagnò quelle parole con una lunga serie di sculacciate e la ragazza cominciò a scalciare energicamente nel vano tentativo di sottrarsi ai colpi.

“Ahi..scusa..ahi..non lo farò più..”

Per tutta risposta Noah le afferrò l’elastico delle mutandine e le abbassò portandole a fare compagnia ai jeans, dopo di che ricominciò la sculacciata con un ritmo più sostenuto.
Ora il culetto di Artemis si stava colorando di un rosso sempre più intenso e cominciava a bruciare facendola lamentare sempre di più.

“Ho capito..ahia..mi dispiace..io..ahi..non volevo..AHI!”

L’ultimo colpo era arrivato più forte degli altri.

“Mi sembra di averti già detto di non dire che non volevi farlo. Se davvero non avessi voluto, non l’avresti fatto. Semplice.” disse Noah aspramente mentre le affibbiava un’altra decina di sculacciate.

Fece una pausa, durante la quale le accarezzò lievemente il culetto che ormai era molto rosso e risalì fino ad accarezzarle i capelli.
Poi l’aiutò a rialzarsi, ma la punizione era tutt’altro che finita.

“Vai a prendere la spazzola.” ordinò in tono calmo ma fermo.
“Non vorrai..?”
“Certo che voglio, mi sembra che te lo sei proprio meritata.”
“Ma non puoi..”
“Posso eccome. E se non ti sbrighi posso anche dartene di più.”

Artemis non poté replicare e tristemente si avviò verso il bagno e tornò poco dopo con in mano la spazzola di legno che ogni giorno usava per pettinarsi, ma che spesso diventava anche parte attiva delle sue punizioni.
Gliela porse con le mani tremanti e pochi istanti più tardi era di nuovo sulle ginocchia di Noah in attesa di essere nuovamente sculacciata.

“Non ti vergogni neanche un po’?” chiese passando il dorso della spazzola sul suo culetto. “Alla tua età ancora sulle mie ginocchia con il culetto rosso. Quand’è che vuoi crescere?”
“Mi dispiace, ti prego non usare la spazzola, Noah.”
“Artie, non mi lasci altra scelta. Non vorrei farlo, ma devo assicurarmi che ti passi la voglia di comportarti ancora in questo modo sconsiderato.”

Il primo colpo arrivò con un suono secco e un urlo da parte della ragazza.
Dopo pochi colpi aveva ricominciato a scalciare e presto le lacrime le solcarono il volto.

“Ahia..mi fai male..ahi..”
“Anche tu mi hai fatto male. Mi ha fatto male sapere che ti sei approfittata della mia fiducia per saltare la scuola.”
“Scusa..ahi...mi dispiace tanto..”
“E per la giustificazione come pensavi di fare? Falsificare la mia firma?”
“Aahhh..no..ahia...non lo so..ahi..”
“Non ti preoccupare che ti passerà la voglia di prendermi in giro.”

Noah continuò a lungo e senza risparmiarsi, cercando di ignorare le suppliche anche se fu molto difficile.
Bisognava essere di pietra per non ascoltarle e Noah di certo non lo era, quando Artemis smise di protestare per lasciarsi andare solo al pianto si fermò, lasciò cadere la spazzola e tornò ad accarezzarle il culetto che ora era più rosso che mai.

“Ehi, piccola, è tutto finito. Tranquilla.” le sussurrò abbracciandola.
“S..scusa Noah..”
“Va tutto bene, tranquilla.”
“Io..io non ti volevo deludere..davvero..”
“Ti sei comportata da irresponsabile, è vero e mi hai ferito. Però non ti devi preoccupare, sei stata punita e perdonata. Non rifarlo più.”

Artemis si sollevò e ricambiò l’abbraccio.

“No no, te lo prometto. Mai più.”
“Ok, brava piccola. Scusa per quello che ho detto prima, ero molto arrabbiato.”
“No, avevi ragione..mi comporto ancora come una bambina tante volte.”
“Ehi, il mio compito è ancora quello di aiutarti a crescere.” rispose sorridendo.

Vedendo il suo sorriso la ragazza capì che davvero era stata perdonata e che tutto era come prima e cercò di sorridere a sua volta.

“Noah..tu però non ha pranzato per colpa mia.”
“Non importa. Diciamo che avevamo questioni più importanti da affrontare.”
“Però non è giusto.”
“Tranquilla, non fa niente.”

L’aiutò ad alzarsi e a ricomporsi e l’abbracciò nuovamente baciandola sulla fronte e asciugandole le lacrime.
Lei abbassò lo sguardo arrossendo.

“Beh..a dire il vero neanche io ho pranzato.”
“Hai fame? Ti preparo qualcosa.”
“No, lo faccio io..visto che non torni in ufficio preparo qualcosa per tutti e due. Che ne dici?”

Noah sorrise di nuovo.

“Mi sembra un’ottima idea, piccola.”

La osservò trotterellare verso la cucina, nuovamente allegra.
Era tornata la sua Artemis di sempre e sperò ardentemente che quella situazione non cambiasse mai.


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